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Ripensare l’educazione da una prospettiva femminista: appunti da un viaggio fra asili auto-organizzati in Catalogna

Volentieri segnaliamo questo articolo pubblicato da Fuori dalla Scuola e scritto da una famiglia dello Sfasciatoio

Se * bambin* apprendono attraverso l’osservazione e l’imitazione de* adult*, allora riflettere sull’apprendimento de* bambin* implica mettere in discussione il comportamento de* adult*. A questo proposito, l’articolo – scritto da due genitric* del progetto Sfasciatoio – propone alcuni spunti per ripensare le relazioni e le gerarchie di genere a partire dalle esperienze di alcuni asili auto-organizzati della Catalogna che si sono ispirati alle pedagogie non direttive.

Come costruire, nella pratica, il progetto pedagogico di un asilo non direttivo? Di quali risorse è bene dotarsi? Quali metodi di organizzazione adottare? E come fare tutto questo mettendo in discussione la famiglia tradizionale e i ruoli di genere? Con queste domande siamo partit* alla volta di Barcellona. Abbiamo deciso di approfittare delle vacanze estive per cercare risposte a questi interrogativi, nati insieme alla nascita di N. É difatti da quando siamo diventati genitric* che riflettiamo sul tipo di educazione che vorremmo offrire al* nostr* piccol* compagn* di vita e sui modi per avviare un progetto pedagogico che corrisponda a queste riflessioni. Scegliamo dunque Barcellona e la Catalogna come nostre mete. Alcun* amic*, infatti, ci hanno parlato del proliferare di gruppi che lì si organizzano sul tema della cura e dell’educazione, combinando la forte tradizione di auto-organizzazione dei quartieri della città – frutto del lavoro del movimento libertario – e la diffusa consapevolezza delle relazioni di potere di genere – risultato questo del movimento femminista. Come poi apprenderemo incontrando diverse famiglie ed educatric*, anche la crisi economica è stata un importante fattore nell’avvio di questi progetti: la minor disponibilità economica ha portato molte famiglie a cercare soluzioni collettive ai propri bisogni ‘di nucleo’; inoltre, la diffusa disoccupazione ha offerto maggior tempo ‘libero’ per questionare il sistema educativo vigente e costruire alternative.

babalia

Bambin* del gruppo di crianza compartida Babalia (immagine disponibile sul web).

Dopo pochi giorni in città, siamo positivamente sorpres* dai progetti di co-maternidad e crianza compartida, come anche di asili e scuole primarie auto-organizzate che incontriamo. Tutte queste realtà ci parlano del desiderio di tante famiglie – che sentiamo come nostro – di condividere l’accompagnamento delle proprie creature, di dare vita a reti di supporto e cura reciproca, di coinvolgersi in prima persona nell’educazione de* figli*. Con alcuni gruppi, ritroviamo anche una comune aspirazione a mettere in discussione modi di vita e pensiero legati alla famiglia tradizionale, alle sue gerarchie e alla svalorizzazione del lavoro di cura. Poi, riconosciamo affinità anche rispetto all’idea che solo offrendo “modelli più ricchi e più liberi dagli stereotipi imperanti”, * bambin* “potranno realizzarsi in maniera più completa, senza essere costrett*a sacrificare parti di sé, valide e preziose”[1]. Continua a leggere!