Il parto è un atto politico

13254037_265328790484441_2357533590907854763_nLo Sfasciatoio ha partecipato in collegamento alla trasmissione “Il parto è un atto politico: riflessioni femministe sul lavoro riproduttivo“della Coordinamenta Femminista e Lesbica e ha portato una riflessione su assistenza al parto e autodeterminazione della donna. Di seguito riportiamo uno stralcio dell’intervista.

“Parlare del parto come atto politico significa parlarne come di un atto che ha a che fare con il potere. In questo senso, implica, prima di tutto, interrogarsi sulla libertà della donna di scegliere se, come e dove partorire e sugli strumenti di cui dotarsi per autodeterminarsi in questo campo. Riflettendo in particolare sull’assistenza al parto, pensiamo che la possibilità della donna di autodeterminarsi in tutto il processo nascita sia legata al modo in cui l’assistenza al parto pensa e riconosce la competenza della donna stessa a partorire e a scegliere le modalità in cui preferisce farlo.

Il riconoscimento della competenza della donna a partorire non è da dare per scontato. Un esempio di situazione in cui questo riconoscimento viene meno è il famoso incitamento “signora, spinga, spinga”, come se una donna non fosse in grado di riconoscere autonomamente le contrazioni e assecondarle. Questo tipo di approccio – purtroppo diffuso in molti ospedali – pregiudica la possibilità di vivere il parto come un’opportunità di rafforzamento: infatti, ascoltare i messaggi del proprio corpo per gestire efficacemente situazioni impegnative come quella del parto può rafforzare la fiducia che nutriamo in noi stesse.

Invece, per fare del parto un’esperienza arricchente, può essere utile mettere in discussione quelle pratiche mediche consuetudinarie che sono più favorevoli ai medici piuttosto che alla donna e al processo nascita: per esempio, la posizione litotomica – quella sdraiata a pancia in su – è un classico caso di pratica pensata per facilitare la vita al medico perché permette di osservare con comodità vagina e collo dell’utero, ma rende più complesso tutto il processo del parto alla donna e al bambin*. Dunque per autodeterminarsi nel parto, al di là delle specifiche scelte di ognuna, crediamo sia importante sviluppare consapevolezza rispetto a tutta una serie di violenze ostetriche, in cui è possibile incorrere, per attrezzarsi e capire come evitarle. Parlando di violenze ostetriche pensaimo non solo alla posizione litotomica, ma anche a manovre mediche invasive e non necessarie come spesso è l’episiotomia, a interferenze di vario tipo che non rispettano l’intimità della donna e rallentano il processo del parto, alla mancata assistenza – qualora richiesta – nel parto e nell’avvio dell’allattamento, all’allontanamento forzato dal bambino dopo la nascita, e cosi via.

Infine, vogliamo sottolineare che la libertà di scegliere come partorire ha molto a che fare anche con l’accesso di classe all’assistenza al parto: per esempio, in molte regioni il sistema sanitario nazionale non copre le spese di un parto in casa e questo comporta che non tutte le donne possano accedere a questa opzione”.